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L’Italia in bianco e nero fotografata da Garolla tra contraddizioni e speranza

Erano gli anni 50, il Paese si risollevava dopo la guerra. A Villa Pisani di Stra la galleria di una faticosa rinascita

Paesaggi, gente comune, personaggi famosi, mode e tradizioni. C’era la star del cinema, ma c’era anche l’infanzia abbandonata; c’era l’atelier d’alta moda che da Roma faceva impazzire l’America ma c’erano anche le misere condizioni di vita lungo il fiume. Guardare, in profondità. Raccontare, con un tocco lieve e mai indiscreto, con la potenza del bianco e nero che oggi, gli occhi abbagliati dal colore e dalle immagini sempre più veloce di un mondo sempre più a colori, ci stordiscono per la loro ineguagliabile potenza.

Sono gli anni Cinquanta dell’Italia, con il periodo d’oro delle riviste illustrate mentre la diffusione della televisione è ancora un fenomeno lontano. C’è un fotografo, si chiama Federico Garolla, è nato a Napoli tra le due guerre, nel 1925. Quando dalle seconda se ne esce, quando l’Italia comincia a risollevarsi, quando si entra negli anni in cui tutto è possibile, e lo sono anche le più grandi contraddizioni, Garolla è lì. E il suo obbiettivo spazia dal luccichio delle prime sfilate di moda, al nascente star system, alla gente comune. A rivederlo oggi, il suo lavoro restituisce l’immagine di un popolo bisognoso di ritrovare la consapevolezza di appartenere a una nazione e di partecipare alla ricostruzione attraverso una storia nuova di ottimismo e modernità.

A raccontare il suo percorso è una mostra, in corso a Villa Pisani di Stra fino al 27 ottobre: “Gente d’Italia. Fotografie 1948 – 1968”, curata da Uliano Lucas e Tatiana Agliani. «Garolla fotografa la gente, quella che sta insieme, riappacificata e riunita, la gente che partecipa ai riti collettivi del divertimento, della gioia dell’essere sopravvissuti. Il suo lavoro è attento ai fatti e di esso ci consegna l’anima e l’essenza» dice Daniele Ferrara, titolare della Direzione regionale Musei Veneti del Ministero della Cultura, istituzione che, con la Direzione del Museo di Villa Pisani a Stra e la collaborazione di Suazes e Isabella Garolla, promuove questa mostra che con cento fotografie coglie lo spirito dell’Italia del secondo dopoguerra, gli anni in cui, con affanno, si cercava di sanare le divisioni e le ferite di una guerra persa e dalla trascorsa tragedia si traeva forza e creatività per avviare quello che più tardi sarà riconosciuto come il “Miracolo italiano”.

Così del 1953 è la fotografia dell’Atelier Fontana, ma di solo qualche anno dopo, il 1959, è il reportage sull’infanzia abbandonata, su quei bambini vestiti tutti uguali, che si muovono all’unisono eppure sono tutti diversi e chissà dove li hanno portati poi le strade della vita.

L’Italia di quegli anni è quella della ripartenza, difficile per tutti, vincente per pochi: l’obbiettivo di Garolla mostra, anche, la difficile quotidianità di vita nei paesi della Riviera del fiume Brenta, dove la gente comune cerca di sottrarsi a una stentata sopravvivenza. Sono immagini del 1956 che, riprodotte in grande formato, popola di ricordi il parco della Villa nello spazio delle scuderie. Una selezione di fotografie realizzate proprio nei luoghi attigui a Villa Pisani.

La mostra offre uno spaccato completo della produzione di Garolla, dai suoi reportage dedicati al mondo del cinema, il suo innovativo lavoro dedicato al mondo della sartoria romana con ritratti di Valentino, Capucci, le Sorelle Fontana e Schuberth. La sua passione sono però gli artisti come Guttuso e De Chirico ripresi nei loro atelier, i musicisti da Stravinsky a Rubinstein, agli scrittori come Elsa Morante e Ungaretti – cui si prestò di fare da autista pur di godere della sua vicinanza. All’attività di fotografo, Garolla ne affiancherà altre: negli anni Sessanta apre l’agenzia di pubblicità Studio GPO e realizza campagne per varie aziende; illustra rubriche di gastronomia e libri di cucina.

Nel 1968 inizia la sua attività in Rai in qualità di regista e giornalista per alcune rubriche del tg e per una serie di documentari. Al contempo realizza reportage fotografici dedicati a musei, luoghi d’interesse architettonico e paesaggistico, pubblicati poi da Mondadori, Rizzoli, Domus, De Agostini. Nel 1982 con Mario Monti costituisce una casa editrice che dà alle stampe guide di musei attingendo al suo ampio archivio fotografico. Alla fine degli anni ’90 si dedica alla catalogazione e al recupero del suo archivio.

È morto a Milano, nel 2012. —

Pubblicato su Il Piccolo