È morta Wanda Półtawska, la “sorellina” di Giovanni Paolo II. Fu “miracolata” da Padre Pio
Sopravvissuta ai disumani esperimenti nazisti nel lager di Ravensbrück, stava per compiere 102 anni. Era legata a Karol Wojtyla «da una profonda amicizia intellettuale e spirituale». Influenzò anche la teologia della vita del Papa polacco, di cui fu fidatissima consigliera
CITTÀ DEL VATICANO. «È morta Wanda Półtawska, deportata a Ravensbrück, madre di famiglia, psichiatra, docente, amica di Karol Wojtyła. Per lei malata il futuro Papa chiese la preghiera di Padre Pio. Stava per compiere 102 anni. Una donna laica mai in soggezione di fronte all'autorità ecclesiastica». Lo scrive su X il direttore editoriale dei Media vaticani Andrea Tornielli, dopo la nota della curia arcivescovile di Cracovia, dove è mancata ieri alle 23,30 la professoressa che influenzò anche la teologia della vita di san Giovanni Paolo II. Fu legata al Pontefice polacco «da una profonda amicizia intellettuale e spirituale», scrive Vatican News.
Nata nel 1921 a Lublino, per lei nel 1962 Wojtyla, allora vescovo, si era rivolto in una lettera a Padre Pio, chiedendogli di pregare per questa madre di quattro figlie, che si era ammalata di un tumore maligno. Un mese dopo, in una seconda lettera, il futuro Pontefice informava Pio da Pietrelcina della inspiegabile guarigione. Questo caso fu preso in considerazione nel processo per la beatificazione di padre Pio, che sarebbe poi stato proclamato Santo da Giovanni Paolo II nel 2002.
Poltawska durante la guerra fu imprigionata a Ravensbruck, dove fu sottoposta a disumani esperimenti pseudo-medici. Si legge su Vatican News: «Arrestata il 17 febbraio 1941 — appena diciannovenne — è stata prima vittima di maltrattamenti nel lugubre carcere della sua Lublino e poi, dal 21 novembre dello stesso anno, ha visto il suo nome trasformato nel numero 7709 nel famigerato lager di Ravensbrück, particolarmente noto per gli inumani esperimenti sulle prigioniere (delle quarantamila donne polacche lì rinchiuse ne sono sopravvissute ottomila). Wanda-7709 è stata ridotta a cavia. Per la precisione (usando l’ignobile terminologia nazista) a “Kaninchen” — e cioè “coniglio” — per la “clinica della morte” diretta dal “dottor” Kael Gebhard, medico personale di Heinrich Himmler, capo della Gestapo. Per studiare farmaci per i soldati al fronte, alle donne venivano provocate fratture e amputazioni. Ed erano sottoposte a ogni sorta di “sperimentazioni”, quasi sempre mortali».
Nel dopoguerra si era impegnata nelle attività in sostegno delle giovani coppie e delle famiglie.
È stata docente presso la Pontificia Università Giovanni Paolo II di Lublino e attivista pro-life. Dal 1981 al 1984 insegnò anche presso il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha influito sulla teologia della vita sviluppata da Karol Wojtyla. Poltawska è diventata membro del Pontificio Consiglio per la Famiglia nel 1983, della Pontificia Accademia per la Vita nel 1994, consultore del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori sanitari.
Nell’aprile 2005 era presente in Vaticano alle ultime ore di Giovanni Paolo II.
Nel 2016 è stata insignita con la massima onorificenza polacca, «L’Aquila bianca».
Nel 2010 l’attuale vicecaporedattore de La Stampa Giacomo Galeazzi, all’epoca vaticanista, ha scritto con il collega Francesco Grignetti, firma de La Stampa, il libro «Karol e Wanda. Giovanni Paolo II e Wanda Półtawska: storia di un’amicizia durata tutta una vita» (Sperling & Kupfer). Nel volume si legge che quando si incontrano per la prima volta, il futuro Vescovo di Roma è un giovane cappellano dell'università di Cracovia, con alle spalle un'esperienza di resistenza attiva al nazismo prima, al comunismo poi. Lei è una studentessa di Medicina, segnata dal trauma dell'internamento nel lager di Ravensbrück. Hanno entrambi poco più di 30 anni. Fra loro nasce un'amicizia indissolubile, che durerà tutta l’esistenza, seguendo il percorso delle differenti vocazioni. Lei, Wanda Póltawska, sarà moglie, madre, nonché psichiatra di fama internazionale. Lui, Karol Wojtyla, diventerà un Papa rivoluzionario. E Santo. Un Pontefice in grado di cambiare per sempre il mondo, e anche di scuotere dall'interno i palazzi curiali, ascoltando la voce dei laici e scegliendo una donna, Wanda, come fidata consulente. Il loro rapporto era unico, caratterizzato da rispetto, stima e affetto fraterno, fra un uomo continuamente sorprendente e una donna determinata e forte che ha accompagnato tutti i passi del Papa «Santo subito». Scrive Vatican News: «A cambiarle — letteralmente — la vita ecco l’incontro con don Karol Wojtyła (“Ho capito subito che era un sacerdote santo e gli ho chiesto di essere il mio confessore”). Per un sodalizio spirituale di amicizia durato oltre mezzo secolo, tessuto di comunione, incontri, lettere, preghiera. Un sodalizio vivace spiritualmente e intellettualmente, e non interrotto, anzi rilanciato in modo nuovo, dall’elezione di Wojtyła al Pontificato il 16 ottobre 1978 (“perché l’amicizia c’è o non c’è e se c’è resta per sempre”). Un sodalizio, ha confidato Wanda, che neppure la morte ha interrotto perché — dopo essergli stata accanto fino a quel 2 aprile 2005 (leggendogli testi spirituali e letteratura polacca: le passioni del suo amico morente) — convintissima che la fede dà la certezza che le autentiche relazioni umane non si spezzano».
Per Wanda «il segno» più forte di questa amicizia, «straordinaria perché semplice e semplice perché straordinaria», è il momento della malattia: «Un cancro. Lei ha raccontato così lo stile spirituale, “mistico”, scelto da Wojtyła “per provarle tutte” perché guarisse: “L’amicizia non ha mai momenti dolorosi. Nel 1962, quando il vescovo Karol era a Roma per il Concilio Vaticano II io mi sentii male e fu informato con un telegramma da mio marito che ero in ospedale a Cracovia. Su suggerimento di don Andrzej Maria Deskur, diventato cardinale, si rivolse direttamente a padre Pio da Pietrelcina chiedendogli preghiere per me ma senza fare il mio nome. In quel periodo, poi, in Polonia non sapevamo nulla — almeno io — di quel santo frate cappuccino nel sud dell’Italia. Solo a guarigione avvenuta ho saputo che Karol aveva scritto a padre Pio ed ho provato un brivido, che continua ancora oggi, nello scoprirne il contenuto”».
Nel 2010 Wanda pubblica nel libro «Diario di un'amicizia. La famiglia Póltawski e Karol Wojtyla» (San Paolo) le lettere ricevute dal Papa polacco, che fanno parte di un’intensa corrispondenza intercorsa nell'arco di 55 anni. Oltre a raccontare i lunghi campeggi trascorsi insieme a meditare, la malattia e la miracolosa guarigione, le riflessioni spirituali. E l'incontro con Karol Wojtyla che diverrà sua guida spirituale e amico fraterno, tanto che tra loro si chiamavano fratello e sorella.
Durante il lungo pontificato di Giovanni Paolo II Wanda aveva accesso all’appartamento papale e alla residenza di Castel Gandolfo, come una di famiglia.
Ha scritto Galeazzi in un articolo su La Stampa: «Grazie all’aiuto di un giovane sacerdote, Karol Wojtyla, conosciuto al suo rientro a casa, Wanda Półtawska riuscì a superare e a vincere le conseguenze devastanti che gli orrori patiti avrebbero certamente lasciato nella sua personalità. A quel sacerdote confidò i suoi drammi spaventosi e quel sacerdote potè “capire”, perchè anche lui, negli anni della guerra, era stato martoriato da grandi dolori personali che lo avevano condotto alla vocazione sacerdotale. E nacque così un’amicizia, continuata per il resto della vita, intensa di attività e di iniziative per promuovere i valori che da quelle lontane sofferenze erano germogliati».
Wojtyla scrive a Wanda il 20 ottobre 1978, quattro giorni dopo essere stato eletto Papa: «Cara Dusia (“sorellina”, come la chiamava affettuosamente, ndr), sono stato contento di aver potuto sentire la tua voce al telefono. Spero in un incontro a breve. Mi basterebbe anche un brevissimo incontro. Dio ha deciso tutto quello di cui qualche volta abbiamo parlato. Tu stessa l'hai detto un giorno dopo la morte di Paolo VI e ora è diventato realtà... Dovresti capire che in tutto questo penso a te. Desidero continuare a camminare con te, giorno dopo giorno. Le gialle carte di meditazioni e pensieri che ho allegato ne sono testimonianza. Fa un’accurata scelta dei testi dei quali ti ho parlato e gli altri distruggili. Fr(atello)».
Il loro epistolario, «così insolito per un Papa - evidenzia Galeazzi - ripropone il fascino di un uomo che ha tratto dalla sua formazione laica (di teatrante, operaio, dissidente politico, sportivo) i tratti di una persona “normale”, che non si è mai concessa separatezze “clericali”. Come evidenziato dallo scrittore Lorenzo Mondo, stando al suo rapporto con Wanda, forse il solo Francesco d’Assisi ha realizzato, nella diversità del contesto e delle proporzioni, una analoga affinità con Chiara».
Il sito della Santa Sede riporta le parole che Wanda Półtawska scelse «per dire “sì”, con uno slancio non infiacchito dall’età, alla richiesta de “L’Osservatore Romano” di scrivere una testimonianza nel numero speciale (18 maggio 2020) dedicato ai cento anni dalla nascita del suo “padre, fratello, amico” che la chiamava affettuosamente dusia e cioè sorellina: “Karol Wojtyła è stato — e resta — per me un padre, un fratello e un amico straordinariamente insieme nella stessa persona, ma soprattutto è stato — e resta — una grazia inventata dallo Spirito Santo, una ventata di speranza cristiana tra le tenebre del mondo, e non solo per me».
Pubblicato su Il Piccolo