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Addio a Carlo Mazzone, lo storico allenatore che ha lanciato Totti e guidato il Brescia di Baggio e Guardiola

Aveva 86 anni. Suo il record delle panchine in serie A: 792

ROMA. Nel giorno in cui scatta il campionato, una triste notizia scuote il mondo del calcio. All’età di 86 anni è morto Carlo Mazzone, una vera e propria istituzione dei tecnici italiani: nato a Roma, classe 1937, Mazzone ha guidato tra le altre la Roma e il Brescia, collezionando nella sua lunghissima carriera la bellezza di 797 (spareggi compresi) panchine in massima serie, che ne hanno fatto il record-man tra gli allenatori. Mazzone è stato molto di più di un semplice tecnico, tanto che quattro anni fa, nel 2019, gli venne intitolata la tribuna Est del “Cino e Lillo Del Duca” di Ascoli Piceno (nell’Ascoli fu calciatore dal 1960 al 1969 collezionando 200 presenze, ed in seguito tecnico delle giovanili e poi, nel 1975, della prima squadra) e al contempo fu inserito nella Hall of Fame del calcio italiano.

Come detto in precedenza, Roma, dal 1993 al 1996, e Brescia, furono le sue due esperienze più significative: in giallorosso ebbe il grande merito di far debuttare un allora sedicenne Francesco Totti, a Brescia (stagione 2001/2002, in una squadra in cui c’era anche Roberto Baggio e Pep Guardiola) memorabile fu lo scatto sotto la curva dell’Atalanta (“se famo er tre a tre vengo sotto ‘a curva”, disse Mazzone nel momento in cui Baggio segnò il gol del 2-3 con cui riaprì la partita) in un derby in cui le Rondinelle pareggiarono 3-3 (con tripletta del Divin Codino) all’ultimo minuto.

Mazzone ha impersonificato, sia per le espressioni lessicali che per il modo di porsi, il tecnico che ogni tifoso, almeno per quelle che erano le qualità morali, vorrebbe sulla propria panchina. Sempre schietto, mai ruffiano, Onesto, diretto, una rarità per il patinato mondo del calcio che già tra gli anni ’90 e 2000 iniziava a prediligere la forma, a volte di facciata, che la sostanza. Non ha mai trasudato arroganza e saccenza, ponendosi invece al servizio dei campioni che ha allenato. E in parte svezzato, perché, oltre a Totti in quel di Roma, Carletto ebbe il grande merito di lanciare anche Andrea Pirlo. «La tecnica è il pane dei ricchi, la tattica è il pane dei poveri», uno dei suoi mantra. Di tecnica Mazzone se ne intendeva, eccome se se ne intendeva: a Brescia fece brillare una delle stelle del firmamento del pallone, Roberto Baggio. Roby non aveva perso lo smalto dei suoi tempi migliori, ma probabilmente gli stimoli. Qualcuno, vedi Marcello Lippi non credette più in lui, Mazzone invece rimise la chiesa al centro del villaggio: e il rapporto fra i due fu tanto candido quanto duraturo.

Per i campioni “umili” aveva una predilezione. Di Pep Guardiola, oggi il miglior tecnico al mondo e tra i più rivoluzionari dell’ultimo trentennio, fu mentore e guida. Scaricato dal Barcellona, l’esperienza di Guardiola a Brescia non fu delle più semplici, coinvolto nella vicenda doping. «Quando ho avuto la vicenda del doping Carlo Mazzone è stato straordinario, mi ha trattato come un figlio», raccontò l’attuale tecnico del Manchester City, fresco vincitore della Champions League e della Supercoppa Europea.

Ovunque abbia allenato, sono dodici le squadre che ha guidato (col Bologna nel 1998/1999 raggiunse la semifinale dell’allora Coppa Uefa), nessuno lo dimenticherà: grazie di tutto, Carletto.

Pubblicato su Il Piccolo