Calcio in lutto, morto Luisito Suarez. Leggenda dell’Inter, aveva 88 anni
In nerazzurro giocò dal 1961 al 1970 vincendo tre scudetti, due Coppa dei Campioni e due Intercontinentali. È stato Pallone d'oro nel 1960
Si è spento questa mattina, all’età di 88 anni in coda ad una breve malattia, Luis Suarez Miramontes, per tutti semplicemente Luisito Suarez. Calciatore formidabile, tecnico dalle alterne fortune, dirigente, osservatore, infine opinionista televisivo, nella sua intensissima e lunghissima carriera Suarez non si è fatto mancare nulla. Speciale, in tutto o quasi quello che ha fatto. Specie sul rettangolo verde. Straordinario al Barcellona tra il 1954 e il 1961, con 176 partite e 80 reti e un Pallone d’oro messo in bacheca nel 1960, la classe con la quale cuciva gioco e sapeva anche essere finalizzatore non era di certo passata inosservata. Tanto che l’Inter, per acquistarlo dal club blaugrana spese 300 milioni delle vecchie lire con i quali il Barca riuscì ad ampliare il Camp Nou.
Una cifra, parliamo di oltre una sessantina di anni fa, astronomica. In nerazzurro, sino al 1970, lo spagnolo diventò il faro della squadra allenata dal “mago” Helenio Herrera e condotta da Angelo Moratti. Con l’Inter, Suarez non si prese solo l’Italia ma anche l’Europa e quindi il mondo: 333 partite realizzando 55 reti, tre scudetti, due Coppe dei Campioni, - la prima nel 1964 contro il Real di Di Stefano e la seconda nel 1965 al cospetto del Benfica di Eusebio -, e altrettante Intercontinentali.
«Un talento unico e un grandissimo interista. Il numero 10 della Grande Inter che portò i nostri colori sul tetto d'Italia, d'Europa, del Mondo». «Se non sapete cosa fare, date palla a Suarez. Ciao Luisito», così lo ha voluto ricordare l’Inter. È stato fulcro, regista, ha saputo accendere la luce arretrando sul campo il proprio d’azione: a metà degli anni ’60, sapeva già essere moderno. Per la Beneamata non è stato solo splendido interprete con gli scarpini ai piedi, ma anche tecnico: in panchina nella stagione 1974-75, nel 1992 ma anche nel 1995, quando Massimo Moratti lo richiamo, affidandogli pro tempore l’incarico di tecnico (prima dell’avvento di Roy Hodgson) e poi di osservatore. E in tal ruolo, determinanti furono le relazioni fatte su Ivan Zamorano e il Chino Recoba: anche in quelle vesti «Luisito» seppe essere speciale.
Il ricordo di Massimo Moratti
«Oltre ad essere stato dirigente della mia Inter, Suarez è stato il più grande campione dell'Inter fino a quel momento. Ci ha fatto fare il salto di qualità, ci ha fatto vincere campionati, coppe europee ed intercontinentali. Era completo, eccezionale, con doti fuori dal normale, un passaggio al volo da cinquanta metri che non ho visto mai più fare a nessuno». Così a LaPresse Massimo Moratti, ex presidente dell'Inter, commentando la scomparsa di Luisito Suarez all'età di 88 anni. «Oltre ad essere stato un co-capitano eccezionale, era un uomo responsabile, serissimo. Come dirigente, è stato un ottimo dirigente - prosegue l'ex patron nerazzurro - ha fatto anche l'allenatore con me, è stato un amico alla fine della sua carriera. Ha svolto tutti i compiti». «Sapevo che non stava bene, era ricoverato al Niguarda, ultimamente era peggiorato. Aveva perso la moglie due anni fa, era rimasto solo. È peggiorato negli ultimi giorni. Ora c'è solo da spiegare che è sempre stata una persona che ha fatto il bene dell'Inter. A me rimane in mente questo di Luisito», conclude Moratti.
Pubblicato su Il Piccolo